Public Domain Review: Adam Green intervistato

Restando in tema di digital commons, termine abusato ma ricco di significato, segnaliamo un’intervista realizzata da Virginia Ricci, pubblicata su Vice, a Adam Green, responsabile con Jonathan Gray di Public Domain Review, entusiasmante progetto di OKFN.

www.publicdomainreview.org

Troverete riflessioni acute  su pubblico dominio, accesso libero, a partire dal Manifesto del pubblico dominio (a proposito firmatelo, se non lo avete ancora fatto!), esegesi e nascita del progetto, criteri di selezione di opere/autori, rivoluzione delle regole del mondo editoriale, aspetti pro e contro del copyright e ancora su licenze Creative Commons. Vi invitiamo alla lettura di questo pezzo, ricordando ancora che il testo integrale è disponibile qui.

Includiamo qualche estratto selezionato per voi:

VICE: L’attività di ricerca di materiale senza copyright è molto praticata su internet, ma la vostra particolarità è di aver organizzato un sito di qualità e di mantenere una linea editoriale coerente. Com’è nata la Public Domain Review? Adam Green: Io e Jonathan Gray, l’altro fondatore, abbiamo scavato a lungo in questi grandi archivi online—tipo l’Internet Archive e Wikimedia Commons—per trovare materiale con cui fare collage, attività cui entrambi ci dedicavamo. Abbiamo aperto un blog che si chiamava Pingere per condividere le cose più insolite e interessanti in cui ci imbattevamo. Jonathan ha suggerito che lo trasformassimo in un progetto più ampio che mirasse a celebrare e mostrare la meraviglia del materiale di pubblico dominio. Abbiamo presentato l’idea alla Open Knowledge Foundation, un’organizzazione no-profit che promuove l’accesso aperto alla conoscenza, e loro ci hanno aiutato a trovare un finanziamento iniziale per il progetto. E così è nato Public Domain Review.

Qual è stato il primo articolo che avete pubblicato? Abbiamo iniziato concentrandoci sul materiale appena diventato di pubblico dominio. In molti Paesi le opere diventano tali a settant’anni dalla morte dell’autore (anche se ci sono un sacco di regole strane ed eccezioni). Nel 2011 sono diventate di dominio pubblico le opere di Nathanael West, tra cui il suo libro Il Giorno della locusta. Il nostro primo articolo parlava di lui, e del rapporto dell’Occidente con Hollywood, e l’ha scritto Marion Meade, che aveva recentemente pubblicato un libro sul tema.

Con quale criterio scegliete il materiale da pubblicare? Tutti i nostri contenuti sono di dominio pubblico, e questo è il nostro primo criterio. Cerchiamo di concentrarci sulle opere libere nel maggior numero di Paesi. In genere questo significa che i loro autori sono morti prima degli anni Quaranta. Il secondo criterio è che non ci siano restrizioni sul riutilizzo delle copie digitali del materiale di dominio pubblico.

[…]

Quindi la legge sul diritto d’autore non è esclusivamente negativa? Il copyright sul lavoro di artisti o scrittori, in generale, ha senso. Non si tratta solo di soldi, ma anche del controllo artistico su un lavoro pubblicato, della tutela della reputazione, di come prevenire o scoraggiare il riutilizzo malizioso o sciatto dell’opera. Ma attualmente le leggi sul copyright e gli accordi internazionali sono attualmente molto sbilanciati a favore dei grandi editori e delle case discografiche, e non tengono minimamente conto del dominio pubblico come bene sociale positivo: un bene comune culturale, gratuito per tutti. Tuttavia, se un autore o un artista desidera qualcosa di più flessibile rispetto alla licenza di copyright standard, può procedere con le licenze Creative Commons.

Ringrazio VICE e Virginia Ricci. Ricordo, a chi avesse voglia di approfondire, di visitare http://communia-project.eu/. Communia è un progetto coordinato dal Nexa Center for Internet and Society del Politecnico di Torino e rappresenta un punto di riferimento in Europa nel dibattito sul pubblico dominio. Sul sito troverete il report finale e riferimenti al libro “The Digital Public Domain: Foundations for an Open Culture” fuori nel 2012, a cura di Juan Carlos De Martin e Melanie Dulong de Rosnay. Vi invito inoltre a seguire OpenGlam iniziativa di OKFN in cui Public Domain Review è di fatto inglobata. Open Glam sta ottenendo risonanza notevole nel campo del digital cultural heritage e collabora con numerose associazioni, oltre a sensibilizzare e collaborare a livello istituzionale per rendere i cultural commons una realtà e diffondendo il verbo Sharing is caring.