Riutilizzo dell’informazione giuridica: il progetto JurisWiki

Il fenomeno dell’open content si è soffermato principalmente sugli open data, poiché per certi versi consentono una maggiore semplicità di approccio rispetto ad altri tipi di informazioni. E’ il caso dell’informazione giuridica, che non è mai dato a sé stante, ma complesso articolato di espressioni linguistiche: leggi e decisioni dei giudici, nell’immaginario collettivo, non vengono facilmente associate all’openness, posto che la loro diffusione è soprattutto appannaggio delle case editrici in ambiti settoriali.

Tuttavia, l’apertura dei contenuti si è fatta strada anche in quest’ambito ed un esempio è costituito dal progetto JurisWiki, ideato dall’Avv. Simone Aliprandi, che abbiamo intervistato per averne una descrizione di prima mano.

  1. Simone, tu sei un avvocato esperto di diritto dell’informatica e divulgatore dei temi legati all’openness. In tale ambito hai lanciato il progetto Juriswiki: di che si tratta?

JurisWiki è un sito web collaborativo (sul modello wiki, appunto) che consente la raccolta, l’organizzazione sistematica e il commento dei provvedimenti giurisdizionali (sentenze, ordinanze, decreti). E’ quindi qualcosa in più di un semplice database, dato che è possibile un ruolo attivo degli utenti. Poi, ovviamente, essendo online da poco, gli utenti attivi sono ancora pochi e dunque ciò che più spicca sono le centinaia di migliaia di provvedimenti che abbiamo provveduto a caricare automaticamente prelevandoli dai siti delle massime corti italiane: Corte Costituzionale, Corte di Cassazione e Consiglio di Stato.

  1. Qual è la situazione delle banche dati giuridiche in Italia?

Attualmente quel mercato è composto innanzitutto da alcuni grandi player che fanno capo a importanti gruppi editoriali e che operano in una situazione sostanzialmente oligopolistica. Questi servizi sono indiscutibilmente i più completi e affidabili ma anche i più costosi; gli abbonamenti possono infatti arrivare a costare oltre il migliaio di euro all’anno, a seconda del pacchetto scelto, dunque è ovvio che solo gli studi professionali più solidi possono permettersi una spesa del genere. Dopo di che esiste una moltitudine di soggetti più piccoli che forniscono prodotti più limitati e rivolti ad un’utenza meno esigente, sempre sotto forma di abbonamento con accesso riservato via Internet. Infine vi sono moltissimi siti web che si occupano di informazione giuridica, che in molti casi riportano i testi delle sentenze più interessanti, ma non li organizzano sistematicamente sotto forma di vera e propria banca dati.

  1. Quindi in sostanza si tratta unicamente di servizi offerti da privati…

Da qualche anno a questa parte, anche i siti ufficiali delle corti (quanto meno delle principali) hanno reso disponibili liberamente buona parte dei provvedimenti, a partire dalla Corte Costituzionale che, in vera ottica open data, ha messo a disposizione tutto l’archivio delle decisioni e delle massime ufficiali (dal 1956 ad oggi) con licenza Creative Commons e con disponibilità dei file XML completi. La più recente è stata la Corte di Cassazione che ha reso disponibili più di 400mila decisioni, dal 2010 ad oggi. E’ proprio da queste fonti pubbliche e open by defualt che io ho attinto per iniziare ad alimentare il database di JurisWiki.

aliprandi-ha-vinto1

  1. Ritieni che Juriswiki inciderà sul mercato delle banche dati giuridiche?

Non lo so, è ancora molto presto per dirlo. Il modello di business di un progetto come JurisWiki è ancora tutto da definire, e non è certo un nodo di facile soluzione. Io stesso non sono ancora certo di farne una vera e propria attività imprenditoriale o di renderlo un progetto non-profit. Per ora si tratta di un’iniziativa sperimentale proposta autonomamente da un privato cittadino che di lavoro in realtà fa l’avvocato e il docente. Sicuramente, però, quando la piattaforma andrà a regime e inizierà ad avere un nucleo solido di utenti attivi (cioè utenti che non fruiscono solo del sito ma partecipano nel caricamento e commento dei contenuti), avremo davvero una sorta di Wikipedia della giurisprudenza, una grande database di informazione giuridica basato sul crowdsourcing. I giuristi inizieranno a capire che di fatto lì troveranno buona parte delle informazioni che servono e chiederanno sempre meno abbonamenti a servizi a pagamento. Allora sì che gli editori inizieranno a farsi qualche domanda.

  1. In occasione del lancio di Juriswiki, molti colleghi giuristi hanno alimentato da subito un dibattito sul tema della privacy: cosa ne è scaturito?

Quando in questi ultimi due anni ho iniziato a progettare JurisWiki ho avuto subito chiaro che i due nodi principali sarebbero stati quelli del copyright e della privacy. Il primo si è risolto abbastanza semplicemente grazie anche alle ultime evoluzioni in materia di “open by default”; il secondo invece è rimasto vivo fino all’ultimo, cioè fino a quando mi sono trovato a dover prendere una decisione di campo: andare online con una scatola vuota (come tra l’altro era nelle mie primissime intenzioni) e attendere che la giurisprudenza fornisse indicazioni più nette su come dovrebbe comportarsi il provider di un servizio del genere (e ciò avrebbe comportato un’attesa forse di qualche anno); oppure andare online con un sito già pieno di documenti prelevati dalle fonti ufficiali, assumendomi il rischio di prendere quasi subito una tirata d’orecchi da qualcuno, ma anche sapendo di fare una incisiva operazione di hacking civico che svegliasse qualche coscienza. Ho scelto la seconda delle due; e infatti è andata più o meno come avevo previsto. Infatti nel giro di pochi giorni dalla messa online ho ricevuto da parte di colleghi esperti di privacy e diritto delle nuove tecnologie sia messaggi di stima per il coraggio sia inviti alla prudenza vista la possibile responsabilità anche penale che può derivare dalla pubblicazione di dati sensibili.

  1. Cosa hai dovuto fare in concreto?

Non potendo individuare tempestivamente le sentenze sensibili in un database di 411 mila documenti, ho dovuto cautelativamente oscurarli tutti, pur con grande rammarico, dato che si trattava di quasi due terzi del mio database (e che il caricamento di questi contenuti mi era costato non poco).

Così si arrivava al paradosso per cui, se un utente cercava i documenti sul mio sito, si sentiva rispondere che erano stati momentaneamente oscurati, ma nel frattempo gli stessi documenti continuavano ad essere disponibili sul sito della Cassazione. Che è un po’ come dire, semplificando molto: “se una cosa la fa un cittadino è illecita; se la stessa cosa la fa un’autorità pubblica allora è legittima”. Secondo alcuni (ad esempio secondo l’ex Garante Privacy, che ho intercettato su Twitter) questa disparità di trattamento avrebbe una sua ratio giuridica ma io rimango tuttora perplesso.

  1. Quindi in sostanza avevi sottostimato il rischio?

Diciamo che, pur avendo messo in conto buona parte delle scocciature, non avevo certo messo in conto che un ente come la Cassazione avesse sbagliato ad anonimizzare alcune sentenze, come invece è emerso dopo la messa online di JurisWiki. Quei documenti erano online da molti mesi; e nonostante molti (tra cui anche l’attuale Garante Privacy) avessero fatto notare alla Cassazione che qualcosa non quadrava, essa ha sempre mostrato di essere convinta del suo operato. Chiunque avrebbe interpretato questo segnale come un “tranquilli, ci abbiamo pensato noi alla questione della privacy”. E invece, dagli sviluppi di questi giorni pare di capire che non sia così.

  1. Qualche giorno fa, dopo il lancio di Juriswiki, anche il sito della Cassazione ha deciso di oscurare molte sentenze “in attesa di valutazione per la privacy”: non è una strana coincidenza? simone aliprandi

Sì, davvero strano. In realtà non credo che sia tutto merito (o forse dovrei colpa) dell’uscita di JurisWiki, perché so che da tempo qualcuno stava cercando di portare il Garante Privacy ad occuparsi della faccenda più efficacemente di quanto fece l’anno scorso con la sua “lettera pubblica”. Quindi non so dire se sia stata una presa di coscienza autonoma dei piani alti della Suprema Corte o se qualcuno (ad esempio il Garante stesso) abbia alzato il telefono e spiegato al CED della Cassazione la serietà della situazione. Diciamo che comunque mi piace pensare che JurisWiki abbia in un certo senso accelerato i tempi di questo passaggio che si stava da troppi mesi trascinando nell’incertezza e nel tipico rimpallo di competenze tra enti dello Stato. Indubbiamente la mia iniziativa, con il discreto interesse mediatico raccolto (si veda ad esempio l’articolo uscito su CheFuturo!), è stata l’occasione di portare questi temi all’attenzione anche di coloro che normalmente non si interessano di tutela della privacy e diritto di Internet.

  1. Il rapporto tra open data e privacy è un tema nuovo e le tesi interpretative sono discordanti: per il momento che valutazione puoi darne?

Come è facile intuire, si tratta di due forze opposte che agiscono sullo stesso spazio: quello dell’informazione digitale. Da un lato c’è chi spinge per una massima possibilità di accesso e riutilizzo delle informazioni, specie quando provenienti dagli enti pubblici; dall’altro c’è chi alza barriere di protezione a tutela della riservatezza delle persone fisiche citate (anche indirettamente) nei vari documenti pubblici. E’ ovvio che un progetto come JurisWiki, occupandosi di sentenze (che in buona percentuale trattano di persone fisiche) e occupandose in ottica open si pone proprio in mezzo a questi due fuochi.

Conclusioni

Gli studiosi di informatica giuridica ben sanno che da moltissimo tempo si è argomentato, per lo più in sede accademica, del riutilizzo dell’informazioni giuridica. JurisWiki non è il primo progetto in tal senso. Già negli anni ’70, negli Stati Uniti, ma anche in Europa, si diffusero i primi sistemi di documentazione giuridica, seppur totalmente soggetti alla tutela autoriale: si pensi a Westlaw, Lexis, l’italiano Italgiure, il norvegese Noris. Più recentemente, si è posto l’accesso sulla distribuzione dell’informazione giuridica secondo standard condivisi, come avrebbe dovuto fare il progetto Norme in Rete (poi abbandonato e trasfuso nell’attuale portale Normattiva).

Pertanto, il tema del riutilizzo dei dati e dei contenuti giuridici è ancora in fase embrionale, soprattutto a livello di diffusione al di fuori della ristretta cerchia di studiosi specializzati nella materia. Ne deriva che bisogna riconoscere a JurisWiki il primato di aver creato un notevole precedente ed aver posto le basi per favorire la divulgazione di questi temi, non solo rispetto agli specialisti della materia, ma anche nei confronti di un pubblico indistinto.