Apps for Italy – il commento di Lorenzo Benussi dopo la scadenza delle sottomissioni

Su autorizzazione di Lorenzo Benussi riportiamo l’articolo apparso su chefuturo.it riguardo Apps For Italy. La scadenza delle sottomissioni era il 30 aprile, OKFN e’ fra i promotori dell’iniziativa, sono arrivate ben 200 sottomissioni, di cui 70 sono applicazioni gia’ realizzate. Qui l’articolo originale http://www.chefuturo.it/2012/05/lorenzo-benussi-ebbene-si-una-app-alla-volta-cambieremo-litalia/

Buona lettura


Per chi non ne ha mai sentito parlare, open data è un modello di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico. Si tratta di una iniziativa basata sulla possibilità di utilizzare i dati pubblici per migliorare la trasparenza della Pubblica Amministrazione e creare servizi innovativi. Quando si parla di dati pubblici si intendono tutte quelle informazioni prodotte dalla Pubblica Amministrazione nell’espletamento delle sue funzioni: alcuni esempi classici sono i trasporti, l’inquinamento e i dati sulla scuola. Ovvero, informazioni prodotte con i soldi di tutti che oggi possono essere condivise con chiunque grazie ad Internet. Basta volerlo.

Gli open data in Italia stanno aumentando, ma certo il nostro paese non brilla per iniziativa. Le prime amministrazioni locali hanno iniziato a rilasciare o – utilizzando un termine più suggestivo – a liberare i propri dati solo nel 2010 e fino alla fine dell’anno scorso mancava una vera e propria strategia nazionale. Ma anche se l’ambiente era ed è quanto mai complesso e spinoso, Apps4Italy nel suo piccolo ha dimostrato che c’è voglia d’innovazione, bisogno di smuovere le acque e di provare a migliorare le cose. Anche se è difficile.

Il concorso nasce come una provocazione, una sfida all’immobilismo italiano, alla mancanza di budget per progetti innovativi e alla sordità di una parte delle istituzioni. Una prova per dimostrare che la comunità digitale italiana che è superficialmente descritta come pigra o interessata solo agli aspetti ludici e frivoli di Internet, in realtà è attiva e appassionata, forse più che in altri paesi.

Una sfida che, almeno in parte, abbiamo vinto. Perché quasi 200 proposte, di cui almeno 70 sono app già realizzate, costituisco un patrimonio esteso in due direzioni: sono un giacimento di servizi innovativi che ci possono aiutare a immaginare il prossimo futuro e sono un’agenda di lavoro da consegnare a chi ha la possibilità e l’obbligo di decidere come liberare i dati del nostro Paese. Ma il risultato più importante di Apps4Italy sono gli esempi che ha raccolto, proposte concrete che spiegano a cosa servono i dati pubblici, esempi semplici e tangibili in grado di essere capiti da tutti. Perfino da coloro che, per superficialità o malafede, non comprendono il perché sia “giusto” rendere disponibili i dati pubblici. Insomma, se non capisci il principio almeno puoi vederne l’utilità.

Apps4Italy come tutte le sfide ha avuto un percorso travagliato. Il concorso nasce senza soldi, senza dati e senza sponsor, l’unica cosa che mi ha spinto a portare avanti il progetto è stata la certezza che fosse una buona idea, testata all’estero in quasi tutti gli stati e un passaggio naturale all’interno di una strategia open data. Ho cominciato prima con la comunità open data italiana che si è subito aggregata, poi Regione Piemonte e il Consorzio TOP-IX hanno offerto i primi finanziamenti. Alla fine sono arrivati tutti gli altri, sia i grandi sponsor privati, Google, Microsoft e Vodafone sia i Ministri: con Brunetta prima e ora Profumo, entusiasta sostenitore del contest. Nel giro di pochi mesi e grazie al fondamentale contributo di varie associazioni attive nella promozione del modello open data in Italia abbiamo raccolto 45mila euro. Una cifra di tutto rispetto a cui vanno aggiunti i premi in servizi e prodotti. Niente male.

In effetti, a mano a mano che l’idea prendeva forma tutti venivano conquistati. Eppure, fino alla fine non c’è stata la sicurezza che un’iniziativa come questa potesse attecchire veramente nel nostro paese. Lungo il percorso non sono mancati i problemi: due posticipi per cause esterne; i dati dall’Amministrazione che arrivavano a rilento e di certo non abbondavano; le proposte che fino a 10 giorni fa erano solo 30.

Abbiamo tenuto duro, ci siamo preoccupati e occupati, ne abbiamo discusso molto nel comitato organizzatore e ci siamo anche domandati se non avessimo sbagliato tutto. Fortunatamente no, non ci siamo sbagliati.

Certo, bisognerà vedere quali e quante di queste proposte sono effettivamente realizzabili, che capacità avranno di diventare servizi reali e di crescere per arrivare a tutti. Quanti dati richiesti nelle proposte e non ancora disponibili saranno realmente liberati e con che tempi. Ma sono convinto di una cosa: indietro non si torna. Abbiamo raccolto idee concrete per valorizzare il patrimonio informativo pubblico, e ora abbiamo una serie di esempi dell’utilità degli open data. Non resta che collaudarli e portarli a casa dei cittadini e degli utenti.

Perché il vero punto di questo processo è che con Internet cambia tutto. Cambiano gli strumenti di trasparenza a disposizione della PA e cambiano le possibilità di creare nuovi servizi. Cambiano le opportunità che ognuno di noi ha per creare innovazione con la sola forza di un computer e della propria intelligenza. Di conseguenza, cambiano le capacità di incidere su realtà anche complesse come il funzionamento dello stato. Siamo di fronte ad una rivoluzione semplice e silenziosa che è già avvenuta anche se ci vorrebbero far credere il contrario. Perché è evidente a tutti noi, frequentatori della Rete, che i bilanci dovrebbero essere online, che le politiche dovrebbero essere discusse con i cittadini e che i dati sono la base dei servizi del futuro.

Cambia tutto ma non cambiano i problemi, non si modificano le mentalità. Non mutano gli interessi e le resistenze che sono sempre lì a ricordarci che in Italia spesso si oscilla tra una destra reazionaria e una sinistra conservatrice. Ma grazie alle tecnologie digitale si creano nuovi incentivi, nuovi modelli, nuove opportunità di competizione e cooperazione.

E qui arriviamo al punto: io so che i dati pubblici se resi disponibili potrebbero cambiare il rapporto di fiducia tra i cittadini e lo stato; io so quali sono i temi che hanno un reale impatto sulla nostra vita (pensiamo alla sanità, alle spese della politica, agli appalti pubblici); io so che con piccoli budget si potrebbero realizzare grandi risparmi, io so quanto abbiamo bisogno di numeri certi, analisi puntuali e soluzioni efficienti. Io so, e tutti noi sappiamo, chi potrebbe agire – ora e subito – per fronteggiare questa crisi economica e sociale.

Io so ma non ho le prove e non ho nemmeno gli indizi – a questo punto sarà chiara la citazione – ma sono convinto che non possiamo chiedere aiuto a nessuno. Dobbiamo cavarcela da soli e innovare senza permesso. L’esperienza diretta di Apps4Italy e della Discussione Pubblica sull’Agenda Digitale me lo confermano: là fuori c’è una grande energia, basta saperla innescare.

Roma, 4 maggio 2012 LORENZO BENUSSI